Nell'aprile del 2004, l'Herald International Tribune, quotidiano statunitense di proprietà del New York Times, ha dedicato un approfondimento all'Osservatorio Permanente Giovani-Editori e, nello specifico, al progetto "Il Quotidiano in Classe" ed ai suoi sviluppi internazionali (stava infatti per prendere vita il Progetto Internazionale dell'Osservatorio, che ha previsto la distribuzione, agli istituti italiani di Cultura ed agli Istituti scolastici nazionali ed internazionali con sezione italiana in Gran Bretagna, Francia, Spagna e Germania, di alcuni tra i più importanti quotidiani italiani (Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e QN) e stranieri (Le Monde in Francia, The Times in Gran Bretagna, El Mundo in Spagna e Frankfurter Allgemeine in Germania) perché venissero letti in classe.
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Giornali alla ricerca di una nuova generazione
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Le cifre relative alle diffusione non fanno apparire particolarmente in salute i giornali europei. Secondo le statistiche rilasciate il 31 maggio dalla World Association of Newspaper per il periodo dal 1999 al 2003, la diffusione è scesa in 13 dei 15 Stati dell'Unione Europea. Solo l'Italia, con un guadagno dello 0,1 per cento, e la Spagna, con uno 0,6 per cento, cambiano la tendenza. "Noi eravamo dietro Laos e la Cambogia e nessuno faceva niente", ha detto Ceccherini, spiegando come è partito il progetto. "Per molti anni, gli editori europei hanno avuto sui quotidiani nazionali dei programmi per stimolare la lettura tra i giovani, cioè i clienti di domani", ha detto Gunter Nonhenmacher, editore del Frankfurter Allgemeine Zeintung. "Firmare l'accordo", ha aggiunto, "è un riconoscimento che un concreto progetto per fare in modo che i giovani si abituino a leggere i quotidiani potrebbe avere un esito positivo".
Anche negli Stati Uniti, dove i lettori si attestano intorno al 54 per centro, con un calo a partire dal 75,8 per cento nel 1967, secondo cifre fornite dal Newspaper Association of America, i giornali sono nelle classi da anni. La distribuzione agli studenti del New York Times, che possiede l'International Herald Tribune, per esempio, iniziò nel 1932. (Il Learning Network, insieme all'edizione del giornale online, fornisce agli insegnanti un'attività per integrare il New York Times nelle classi e stimolare una capacità di lettura critica.)
"Si tratta di un progetto forte", ha detto Kerem Dong, direttore dell'azienda che segue il progetto per il New York Times, la NextGen. "Noi siamo in competizione con gli altri giornali, ma ci piace pensare che il nostro sia il migliore". In questo senso il Learning Network assume un approccio simile a quello dell'Osservatorio, dove il quotidiano è visto come uno strumento complementare, le insegnanti sono preparate e un call center è raggiungibile per dare assistenza.
Attraverso un questionario dell'Osservatorio, gli studenti delle classi inserite nel progetto sono invitati a condividere i propri pensieri con gli editori e il risultato viene presentato in una conferenza annuale. Quest'anno i giovani in Italia hanno affermato che vogliono che i giornalisti usino parole che possono capire e desiderano maggiore attenzione sui problemi che li riguardano direttamente.
Da una recente discussione, però, al Donatelli - Pascal, era chiaro che maggiore comprensione non dovrebbe avvenire a spese della qualità. Andrea Eusebio, 17 anni, ha detto che l'anno trascorso leggere i giornali l'ha aiutato a sviluppare delle competenze che hanno tolto ogni ostacolo linguistico. "Passo dopo passo mi sono sentito meno distaccato dal linguaggio dei giornali".
Alla domanda se la classe avesse letto il giornale prima dell'iniziativa, c'è stato un clamoroso coro di no e le statistiche pubblicate dall'Osservatorio sostengono che solo il 9 per cento dei giovani italiani legge i quotidiani ogni giorno. Ma secondo il risultato del questionario, il 70 per cento degli studenti che ha partecipato all'iniziativa hanno sentito di aver guadagnato maggiore familiarità con i quotidiani e il 66 per cento ha detto che erano motivati a comprarli.
"Fino a due anni fa non avevo mai letto niente", ha detto Pierluigi Migliano, 19 anni. "Ma non credo che l'abitudine abbia qualcosa a che fare con questo. Si tratta solo di stimolare l'interesse".