Come si parla della morte in classe a dei bambini? Come si elabora questo concetto così difficile della vita? La morte ci lascia sempre nudi ed impreparati. Sono andato a vedere un film proiettato nelle sale cinematografiche proprio in questi giorni, che cerca di rispondere a questi quesiti, e ne ho ricavato una buona impressione. In parte il regista canadese Philippe Falardeau riesce in questa difficile operazione mostrando una discreta maturità stilistica. Il film non ha pretese stilistiche dal punto di vista dell’estetica cinematografica. Forse questo è il suo punto più debole, cioè il non essere riuscito a supportare con la visionarietà delle immagini temi di assoluto interesse.
Il film punta su una buona sceneggiatura e una sobria ed efficace direzione degli attori. Per essere il film d’esordio di un giovane regista ci troviamo di fronte a una pellicola capace di far discutere, non banale, magari incompleta per alcune sue parti a mio modestissimo avviso, ma complessivamente davvero interessante. Il soggetto è molto bello. Bachir Lazhar, fugge dall’Algeria dove gli è stata massacrata tutta la sua famiglia moglie e figli e arriva come esule nello stato canadese del Quebec. Ottiene nel corso delle vicende narrate nel film l’asilo politico e nel frattempo si spaccia come professore in una scuola dove da poco la professoressa Martine si è suicidata impiccandosi in classe con un foulard.
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