imagi//osservatorionline.it/media/2021/09/Logo Tribuna.png

mercoledì, 10 Settembre 2014 Come nascono i “maestri migliori”?

In Giappone si parla di jugyokenkyu meglio conosciuta come “lezione di studio”

Da anni ormai nelle scuole giapponesi si pratica un metodo di formazione per insegnanti chiamato jugyokenkyu o “lezione di studio”, un metodo che in Italia non avrebbe alcuna possibilità di successo. Ecco in cosa consiste il metodo: il docente, a turno, visita la classe di un collega e, seduto tra gli studenti, ne segue la lezione. L’obiettivo è quello di cercare di raggiungere un orientamento generale per l’istruzione del futuro. Secondo l’americana Elizabeth Green, autrice del saggio Building a Better Teacher, il metodo nipponico di formazione è alla base del successo degli studenti giapponesi (nei test internazionali gli studenti giapponesi superano spesso gli scores degli americani); secondo invece l’italiano Nuccio Ordine, autore del saggio L’utilità dell’inutile e grande fustigatore della scuola italiana, lajugyokenkyu non è da considerarsi affidabile come strumento di formazione perché “scatenerebbe un’inutile competizione fra insegnanti”.

In Italia i docenti devono cominciare a convivere con le prime forme di valutazione sul merito anche se blande; il confronto tra i colleghi non è prassi molto comune e spesso non mancano gli scontri con gli allievi e con i genitori degli stessi allievi.

Negli Stati Uniti, prima ancora che il concetto fosse introdotta dalla Riforma annunciata dal Primo Ministro Renzi, alcune scuole hanno introdotto gli “incentivi di merito” per spingere gli insegnanti a migliorarsi attraverso una formazione costante. Certo i risultati, almeno fino ad oggi, sono piuttosto scarsi. Per spiegare tutto ciò Elizabeth Green parte dal fatto che l’insegnamento non è “puro istinto” o un’”abilità innata” bensì un insieme di buone pratiche che possono essere apprese “sul campo” anche con la collaborazione fra insegnanti. Sempre secondo la Green l’insegnamento deve essere “riflessione” e “collaborazione autocritica” ma forse l’applicazione di questi due concetti nella realtà può apparire molto più complessa.

Fonte corriere.it 



pag. 1   2   3   4   5   6