Secondo i dati presentati dall’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione dell’Università e della ricerca, nei giorni scorsi, gli studenti italiani hanno ripreso ad iscriversi all’Università, ma quasi esclusivamente negli Atenei del Nord Italia, mettendo ancora una volta in evidenza la crisi che sembra aver preso di mira gli Atenei dei Sud. La crisi sembrerebbe essere dovuta anche ad una serie di responsabilità nelle gestioni del passato, alla mancanza di studenti e di attrattività. La ricerca è totalmente assente in alcune regioni del Sud: solo Bari, Napoli e Palermo riescono a ottenere alcuni progetti.
È vero che sono diminuiti i corsi, così da evitare tanti doppioni e sprechi, ed è anche vero che anche i bilanci delle Università tendono ad essere più virtuosi, ma gli Atenei faticano - con poche eccezioni - a rinnovarsi. Pochi i corsi in inglese, pochi dunque anche gli studenti in arrivo dall’estero e quelli italiani che sono stati almeno tre mesi a fare esperienza all’estero. Sono pochi anche i laureati, anche se gli studenti sono diventati più «virtuosi», nel senso che sono aumentati quelli che si laureano nei tempi. Il nostro Paese non riesce ad adeguarsi allo standard europeo. È molto probabile che l’Italia riesca a raggiungere l’obiettivo 2020 di avere quindi il 40% di laureati.
Il rapporto Nord-Sud è sicuramente al centro dell’indagine. Complici i mutamenti demografici, il Sud perde giovani e studenti i modo continuo. Non solo, sono sempre di più gli studenti che scelgono di lasciare la propria regione per puntare ad una università del centro-Nord. La regione più attraente è il Piemonte, sia per la presenza di eccellenze come il Politecnico di Torino, sia per la politica di aiuto allo studio. Che cosa fare per riequilibrare il sistema universitario? Una delle ipotesi che sta prendendo consensi nella comunità scientifica è quella di provare a differenziare l’offerta, evitando che con un sistema troppo omogeneo la concorrenza diretta giochi sempre contro la parte più debole dell’istituzione. Corsi mirati e diversi nelle università più piccole, dottorati concentrati dove ci sono più strutture, gemellaggi tra università del Nord e quelle del Sud come avviene in altri Paesi sono alcuni degli esempi che potrebbero essere presi in considerazione.
Fonte corriere.it