Secondo l’ultimo rapporto Ipsos sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, i Paesi scelti dai liceali italiani per trascorrere un periodo di studio all’estero sono sempre più lontani dall’Italia. “Fino a un decennio fa un ragazzo su due andava negli Stati Uniti. Ora uno su tre”, ha spiegato Nando Pagnoncelli illustrando i risultati della ricerca che conferma la crescita costante del numero degli scambi scolastici. Nel corso dell’ultimo anno scolastico, 2015/2016, 7400 alunni delle scuole superiori hanno trascorso almeno tre mesi all’estero, con un aumento dell’1 per cento rispetto all’anno precedente ma soprattutto con un più 111 per cento rispetto al 2009 quando i giovani in mobilità erano 3500. La modalità che viene preferita continua a essere quella annuale, in calo quella semestrale, mentre è in crescita quella trimestrale. Per il 2016/2017 le mete più scelte dai giovani di Intercultura sono, oltre agli Stati Uniti, Irlanda (205 ragazzi), Argentina (114) e Cina (108) mentre per la prima volta una studentessa italiana trascorrerà un anno in Ghana.
La ricerca testimonia la progressiva apertura delle scuole italiane, che nel 63 per cento dei casi hanno attivato un’iniziativa di tipo internazionale. Rimane forte la differenza tra Nord e Sud Italia; è in particolare il Nord Est a offrire i più giovani studenti in mobilità mentre aumentano gli istituti del Sud che rinunciano ai programmi di scambio. I motivi sono soprattutto la carenza di budget, lo scarso interesse dimostrato dagli alunni e l’inadeguatezza dei corsi svolti all’estero rispetto a quanto insegnato in Italia. Per molti studenti la difficoltà maggiore sta soprattutto nel rientro, perché spesso devono fare i conti con professori e istituti che non riconoscono il valore di quanto appreso in un Paese straniero. “Trovo deprimente la sfiducia verso i ragazzi che studiano da soli per un anno all’estero”, commenta Susanna Mantovani, docente ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università Bicocca, a suo tempo studentessa in mobilità durante l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. “L’esperienza di vita del singolo deve diventare un patrimonio comune della scuola”.
Quest’anno per la prima volta sono state inserite una serie di interviste rivolte a 900 ex partecipanti a programmi di scambio effettuati tra il 1977 e il 2012 per valutare i benefici a lungo termine di un’esperienza all’estero. Aumenta negli intervistati la percentuale dei laureati (84 per cento contro la media italiana del 52 per cento), un più basso tasso di disoccupazione (9 per cento contro il 14 per cento, dato nazionale) e una maggiore sensazione di felicità.
Fonte lastampa.it