Parlando di Ricerca e di finanziamenti europei per la ricerca si può constatare che non sono pochi i giovani scienziati italiani che hanno ottenuto dei finanziamenti dal Consiglio Europeo della ricerca (43 per l’esattezza e meglio di loro sono riusciti a dare solo i tedeschi e i francesi). Il “problema” è che sue su tre (dei 43) lavora presso un laboratorio straniero. Dalle prime indagini risulta che rispetto all’anno scorso i ricercatori junior vincitori di una borsa sono raddoppiati (nel 2016 erano 22). Non sono però aumentano i ricercatori stranieri che vengono a fare le loro ricerche in Italia: due erano e due restano. Un indicatore evidente della scarsa attrattività dei nostri laboratori. Dato non sorprendente vista la cronica penuria di investimenti in Ricerca e Sviluppo: 1,38 % del Pil contro il 2 per cento di media Ue (secondo i dati Istat). Dove preferiscono andare i giovani ricercatori? Regno Unito, Germania e Francia. Quest’anno i laboratori inglesi hanno fatto l’en plein: 79 borse su 406, una su 5, ma più della metà è in capo a ricercatori stranieri, soprattutto europei. Il tema Brexit preoccupa non poco il sistema universitario.
Se si guarda alla ripartizione per genere, l’Italia spunta un altro record: le nostre giovani ricercatrici battono le francesi e tallonano le tedesche quanto a numero di borse, ma più ancora dei colleghi maschi tendono a far le valigie, tanto più dal momento che il sistema accademico italiano è ancora fortemente penalizzante per le donne che sono quasi la metà dei ricercatori (46,6% dati Anvur) ma poco più di un terzo dei professori associati (36,5%) e solo un quinto degli ordinari (21,6%).
Chi resta in Italia non è molto avvantaggiato dal sistema accademico italiano. Ma nonostante l’esiguità dei finanziamenti, l’Italia resta all’ottavo posto per quantità e qualità assoluta della produzione scientifica dopo gli Stati Uniti, la Cina, il Regno Unito, Germania, Giappone, Francia e Canada. E dire che in rapporto alla popolazione abbiamo la metà dei dottorandi della Francia, un terzo di quelli inglesi, un quarto di quelli tedeschi. Non sono tanti ma sono delle vere e proprie eccellenze.
Fonte corriere.it