Michele Aglieri
Ricercatore in Pedagogia generale e sociale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
La lettura e la produzione del giornale in classe ha una certa tradizione nella scuola (non mancano neanche grandi riferimenti nella cultura pedagogica: si pensi, solo per fare qualche esempio, ai ragazzi di don Milani, ai bambini di Mario Lodi o all’utilizzo del testo a stampa nella “école moderne” di Célestin Freinet) ma appare una pratica meno diffusa nelle aule universitarie, dove tende a prevalere la trasmissione del sapere accademico. Vale però la pena di considerare l’opportunità, peraltro da alcuni già praticata, che i giornali si inseriscano come materiali didattici capaci, prima di tutto, di collegare l’apprendimento di nozioni scientifiche a narrazioni che rimandano alla cronaca e alla divulgazione quotidiane. Tenendo anche presente che le università attualmente sono tenute a lavorare in coerenza con i descrittori di Dublino (conoscenza e capacità di comprensione, conoscenza e capacità di comprensione applicate, autonomia di giudizio, abilità comunicative e capacità di apprendere), il lavoro del docente accademico deve volgere lo sguardo non solo a obiettivi di conoscenza ma altresì di competenza e l’utilizzo del giornale può rivelarsi un’interessante risorsa inserita in una riprogettazione curricolare. Proviamo a raccontarne i motivi.
Darsi degli obiettivi
A che cosa può servire l’utilizzo del quotidiano in un’aula universitaria? Proponiamo una serie di obiettivi che l’esperienza ci mostra come praticabili:
-prendere contatto con la vita e le sue cronache scientifiche. L’informazione giornalistica propone accadimenti, dibattiti, si fa termometro sociale per molte questioni che ci riguardano e riguardano anche i saperi accademici, chiamati spesso a rispondere, a spiegare, a farsi carico della possibilità di rendere più razionale una conoscenza. Le competenze di uno studente universitario possono crescere – crediamo – anche a contatto con la cronaca. Di sicuro si fanno più significative (ovvero maggiormente legate alle esperienze e ai problemi di vita);
-padroneggiare i linguaggi: dalla scienza alla divulgazione. Il confronto con l’informazione fornisce il confronto fra il sapere accademico e il sapere raccontato a un pubblico generalista. Permette allo studente – se accompagnato – di collocare i concetti studiati nella cronaca, di guadagnare una capacità dialettica, di imparare a leggere i paradigmi scientifici e del pensiero impliciti nelle discorsivizzazioni correnti;
-rappresentare le professioni. Ogni professione è presente nelle notizie che leggiamo tutti i giorni, anche se in misura variabile. A volte le rappresentazioni appaiono più fedeli, a volte vengono raccontate in termini più folkloristici. In ogni caso, la lettura dei quotidiani può essere il luogo per formare una corretta rappresentazione di contesti professionali, competenze e ruoli, per aggiornarsi sui profili professionali e per orientarsi in scelte future;
-sperimentarsi nella divulgazione giornalistica. Qualsiasi disciplina presente all’università incontra oggi le modalità con cui viene comunicata/divulgata. Per molti studenti, nella società della conoscenza, la divulgazione scientifica e culturale potrebbe facilmente diventare un lavoro. Prendere allora contatto con le rappresentazioni giornalistiche di un sapere e con la necessità che se ne faccia una buona divulgazione è un esercizio molto utile in chiave di promozione di competenze.
Metodi
Utilizzare il giornale all’università può essere, per il docente, uno stimolo a moltiplicare e sperimentare metodi di insegnamento qualche volta distanti da quelli più tradizionali, in coerenza con determinati obiettivi di apprendimento. Proviamo allora a trasporre nell’idea di un utilizzo del giornale all’università alcuni dispositivi didattici noti:
-stimolo esemplificativo. Un articolo di giornale può essere lo strumento di un docente che intenda impostare in forma induttiva (dall’esperienza al concetto) una lezione su un certo tema di interesse per il corso. Allora un pezzo sullo spread (economia?), un caso di cronaca giudiziaria (diritto?), un’intervista a genitori (psicologia? pedagogia?), solo per fare degli esempi, possono da un lato rimandare alla trattazione di temi teorici, dall’altro rendere l’apprendimento più significativo e più accessibile. Proporre in classe un articolo può essere un buon modo di iniziare una lezione;
-commento critico. Dal semplice stimolo iniziale, l’articolo può diventare un oggetto da mettere al centro di una discussione con gli studenti: dialogare su come vengono rappresentate le professioni al grande pubblico, su quali concetti o categorie di una certa disciplina vengano veicolate e raccontate, commentare un fatto di cronaca per maturare capacità di giudizio critico, eventualmente anche riformulare scientificamente quanto i giornali spesso veicolano utilizzando un linguaggio vicino al grande pubblico. Siamo già nel campo dell’allenamento di competenze e nella possibilità che l’apprendimento in un’aula universitaria sia attivo e collaborativo, non semplicemente passivo e individuale;
-strumento per rovesciare. La flipped lesson (o lezione rovesciata) è una strategia didattica (articolabile in vari modi) di cui ultimamente si parla molto nella scuola, ma non sono rari i suoi utilizzi anche nella didattica universitaria. L’idea di fondo è che la sequenza tradizionale “insegnante che spiega”-“studente che apprende” venga ribaltata, consentendo allo studente di avviare un percorso di apprendimento attraverso l’utilizzo di stimoli e materiali, lavorarci insieme ai suoi compagni e solo alla fine ridare al docente il compito di aiutare gli studenti a rafforzare in chiave scientifica i concetti appresi. I vantaggi in termini di efficacia dell’apprendimento non sono trascurabili. Tutto questo può essere fatto con i quotidiani: immaginiamo per esempio di presentare agli studenti un tema, di proporre loro un certo numero di articoli, o un lasso temporale in cui leggere gli articoli di cronaca e un compito di produzione/rielaborazione. L’intervento successivo del docente agirà su contenuti significativi, su uno sforzo di comprensione degli studenti e sulla necessità di condividere in modo rigoroso le parole di una disciplina;
-case study. La disponibilità di quotidiani in un certo arco di tempo permette anche di esercitare le competenze in un lavoro di case study: agli studenti viene proposto di studiare un tema, di raccogliere materiale da discutere, di produrre un artefatto che riporti le questioni in una dimensione scientifica. Le occasioni possono essere tante: una crisi di governo, una guerra o un caso di cronaca possono occupare spazio nelle pagine dei giornali per un certo periodo; gli archivi permettono di condurre ricerche sull’evoluzione di determinati argomenti in un lasso di tempo esteso; la frequenza con cui un certo tema appare sui giornali è l’indicatore di una certa sensibilità verso una questione che interessa il corso. Naturalmente, all’interno di un corso universitario nell’ambito della comunicazione, il giornale stesso, i suoi linguaggi e le sue retoriche possono diventare oggetto di studio;
-scrittura. Dal giornale “letto” si può passare al giornale “scritto”, agito dagli studenti. La composizione di articoli su argomenti che riguardano il corso può rivelarsi un’utile occasione per rapportarsi con i linguaggi della divulgazione scientifica (ambito in cui molti studenti universitari si troveranno a lavorare in futuro). Non solo: avere il compito di scrivere un articolo può essere il pretesto per avviare una ricerca rigorosa (approfondire un tema o una teoria per commentare un fatto, cercare dati demografici per proporre con rigore delle argomentazioni su aspetti sociali; produrre delle interviste per corredare un’indagine, leggere articoli accademici per raccontare delle scoperte etc.). Il livello della scrittura apre scenari molto interessanti dal punto di vista della maturazione delle conoscenze: dal sapere accademico alla “notizia” si cresce nella direzione di una maturità che è anche etica e di responsabilità. E si guadagna la parola, quello strumento che, lo sappiamo, purtroppo troppo spesso i giovani fanno fatica a governare.
Come ultima nota, suggeriamo che spetta poi alla libertà del docente permettere che le varie attività condotte con i giornali divengano oggetto di valutazione sommativa degli apprendimenti. Certamente, esse possono essere motivo di valutazione in chiave formativa e di autovalutazione. Potrebbero anche animare una sorta di portfolio dei lavori condotti dallo studente nel corso di un semestre o di un anno accademico.
Fra criticità e opportunità
Introdurre il quotidiano come strumento didattico non è qualche cosa che “va da sé”: il tutto potrebbe rivelarsi inefficace di fronte alla mancanza di tre condizioni: 1) che sia pensato all’interno di una progettazione didattica capace di tenere conto di tempi, opportunità e vincoli; 2) che faccia parte di un “patto formativo” con gli studenti, perché prima di tutto siano loro a dar senso a queste pratiche come occasione di crescita e apprendimento; 3) che il docente abbia riflettuto sulla propria postura didattica, perché mettere i quotidiani al centro dell’azione comporta, in molti casi, che chi insegna sposti la propria autorità dal sapere che comunica alla propria capacità di condurre con metodo gli studenti in attività in cui possano diventare protagonisti.
Infine, perché provarci? Perché occorre sempre immaginare che un pezzo – piccolo o grande che sia – del diritto alla libertà dei giovani stia nella volontà e nell’abitudine dei ragazzi di rimanere ancorati – con senso critico – alle cronache e alle parole del mondo in cui abitano. Il giornale in università può fare la sua parte.